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Direttive europee e allevamenti, il difficile equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica

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Gli obiettivi UE

Che l’Unione Europea punti ad una riduzione drastica delle emissioni di CO2 e ad una limitazione forte degli agenti inquinanti non è un mistero. Anni e anni di politiche comunitarie sono state incentrate sull’obiettivo della neutralità climatica nel 2050, in questo senso la Commissione raccomanda una riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra del 90 % entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990, un goal non facile da ottenere che prevede il coinvolgimento di tutti i settori. La prima data di scadenza di questo percorso è però dietro l’angolo, la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 lascia poco spazio ai ripensamenti e preoccupa non poco le attività interessate.

Il Fondo sociale per il clima e il Fondo per una transizione giusta sono due esempi di politiche che già in questo decennio aiuteranno i cittadini, le regioni, le imprese e i lavoratori, ma alcune direttive destano preoccupazione soprattutto per aziende di piccole-medie dimensioni. La difficile ricerca di un equilibrio tra la transizione ecologica e la tenuta del sistema economico è un tema centrale nel dibattito pubblico, spesso la polarizzazione sembra rendere impossibile il punto d’incontro.

La Direttiva sulle Emissioni Industriali (IED)

Il dialogo aperto tra le istituzioni dell’Unione Europea e i territori sulla carta viene descritto come una priorità, ma talvolta tenere insieme istanze contrapposte è pressoché impossibile. ll Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva l’accordo raggiunto con gli Stati membri sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED) con 393 voti favorevoli, 173 contrari e 49 astensioni, e del regolamento sul nuovo Portale delle emissioni industriali con 506 voti favorevoli, 82 contrari e 25 astensioni. Le nuove norme, come riportato sul sito del Parlamento Europeo, “vogliono ridurre le emissioni nocive degli impianti industriali e dei grandi allevamenti di suini e pollame per proteggere la salute umana e l’ambiente”. In questo caso in particolare gli allevamenti di suini e pollame vengono paragonati ad impianti industriali di ogni altro genere e di conseguenza viene chiesto un adeguamento per rendere i limiti di emissioni più stringenti.

Questa legge coinvolgerà gli allevamenti di suini con più di 350 unità di bestiame, sono invece escluse le aziende che allevano suini in modo estensivo o biologico, e quelle fanno uscire all’esterno i capi per un periodo di tempo significativo su un anno. Per il pollame, la direttiva si applica alle aziende con galline da uova in numero superiore alle 300 unità, e alle aziende con polli da carne con più di 280 unità. Per le aziende che allevano sia suini che pollame, il limite sarà di 380 unità complessive. Per il momento restano invece fuori gli allevamenti bovini, per i quali ragionamenti di questo tipo sono posticipati al 2026.

L’opposizione di Coldiretti

L’Associazione di categoria Coldiretti si oppone duramente alla Direttiva sulle Emissioni Industriali che dal suo punto di vista andrebbe a colpire le aziende di piccole-medie dimensioni favorendo quelle di grandi e grandissime dimensioni. Coldiretti, che rinomina la direttiva “Ammazza-Stalle”, lancia un appello sottolineando il rischio per la sovranità alimentare e per la sopravvivenza di tante attività italiane, le quali subirebbero la concorrenza da parte di imprese di stati nei quali la regolamentazione è meno stringente. Ad esprimersi in merito è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini: “Con il voto sulla direttiva emissioni industriali l’Unione Europea ha perso l’ennesima occasione di invertire la rotta, abbandonando le follie di un estremismo green che rischia di far chiudere migliaia di allevamenti, stretti tra una burocrazia sempre più asfissiante e la concorrenza sleale dall’estero. Non ci fermeremo – aggiunge Prandini – e chiederemo di intervenire al nuovo Parlamento per correggere quelle scelte che penalizzano gli agricoltori italiani ed europei”.

Ad essere toccati da questa normativa che interessa allevamento suino e di pollame sarebbero anche imprese produttrici di prodotti Denominazione Origine Protetta (DOP), elemento di non poco conto per l’export italiano. Coldiretti sottolinea inoltre alcuni dati che danno la dimensione della sfera di influenza di questa direttiva: l’allevamento italiano rappresenta il 35% dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 55 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera.

Fonti

Ufficio stampa Parlamento Europeo

Commissione sul clima

Fondo sociale per il Clima

Fondo per una Transizione giusta

Direttive EU per l'emissione di C02: gli allevamenti di suini e pollame vengono paragonati ad impianti industriali di ogni altro genere e di conseguenza viene chiesto un adeguamento per rendere i limiti di emissioni più stringenti

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